mercoledì 15 aprile 2009
Saviano è un coglione abile agente di marketing(15:40:00)
Gomorra sarebbe anche un buon libro.
Ha un respiro ampio; l'autore passa abilmente da un ritratto o un dettaglio ad una visione organica a volo d'uccello di un microsistema economico. Gomorra è un libro scritto decisamente bene. Alcune parti sono da serie A della letteratura.
Ad esempio questa contiene un elenco pieno di allitterazioni (volute?) quasi di calviniana memoria:
"Le scorie derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, le pericolose polveri dell’abbattimento fumi, in particolare quelle prodotte dall’industria siderurgica, dalle centrali termoelettriche e dagli inceneritori le morchie di verniciatura, i liquidi reflui contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica che vanno ad inquinare altri terreni non contaminati. E ancora rifiuti prodotti da società o impianti pericolosi".
Fantastico. La metallurgia termica dell'alluminio. I liquidi reflui.
I Subsonica con il Devoto-Oli alla mano non saprebbero fare di meglio.
Ma qui finisce l'elogio.
Sospetto tristemente che Saviano sia il più geniale dei pubblicitari dell'ultimo decennio.
Vi spiego perché ho smesso di credere al Saviano-personaggio dalla seconda pagina.
1) Saviano c'era
Dovunque succeda qualcosa di significativo nel trascorrere del libro, Saviano c'è. Dall'ultima scena dove si atteggia a novello Papillon (o Guybrush Threepwood?) galleggiante su di un frigorifero, al Saviano-Rambo con le ginocchia immerse nel fango (e forse la faccia segnata dal grasso).
Al funerale del suo amico, lui c'è (e per forza, è un suo amico). Rigorosamente in vespa.
Quando il boss regala feticci, lui c'è.
Quando un suo compare parte per Aberdeen/Scozia, lui lo segue. Poi non si capisce se ritorni o meno in Italia, ma comunque in Scozia lui c'è.
E nella villa alla Scarface oramai disabitata e spoglia, lui c'è. Ma questa volta sta a bordo vasca; o forse a bordo vasca c'è il Saviano-camorrista, perché il massimo che riesce a fare è pisciarci dentro, trasformandosi in un attimo nell'icona di tutto ciò che durante il libro ha combattuto (?): lo stereotipo del guappo che imita Pulp Fiction e pratica l'economia-guerriglia.
2) Saviano ha fatto i nomi
Sì, ma i nomi che stanno su migliaia di verbali, pagine di giornale, archivi, elenchi, manifesti, volantini, registrazioni, denunce.
Che differenza c'è tra Saviano ed il giornalista che ha fatto il resoconto di mille processi? Nessuna direi. A parte gli intermezzi epici alla Al Pacino.
Il suo prossimo libro ci spiegherà che in Sicilia c'è la mafia. O che la mafia è un po' ovunque. O che la mafia ha fatto ammazzare Falcone e Borsellino. Oppure che Totò Riina era un boss. Sì, proprio Totò Riina. Mio dio, l'ho scritto due volte. Ho fatto i nomi. Avrò bisogno di una scorta adesso?
3) Saviano è il nuovo Rushdie
O forse no. Rushdie ha toccato qualcosa di sacro, qualcosa per cui ci sono miliardi di fanatici nervosetti pronti a scontrarsi con un grattacielo su un aereo pieno d'esplosivo. "I versetti satanici" mette in discussione la base della religione musulmana: il Corano. I versetti satanici del titolo sono stati "censurati" nel Corano che i musulmani conoscono oggi, perché parlavano di altri dei.
Saviano ha creato un brand che ha partorito film, partecipazioni televisive in prima serata, dischi rap. Gomorrap.
Ma soprattutto, Saviano ha scritto Gomorra nel 2006, conscio di un pregresso di sangue per chi, come Rushdie, ha davvero osato, che potete leggere qui.
E pochi mesi fa, scrive:
"Fanculo il successo. Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni!"
Va bene, Saviano vuole una vita pure lui. Del resto ha ricevuto dei bigliettini anonimi. Delle telefonate mute.
E il pentito ha detto che volevano ucciderlo (ma non si era pentito?).
Vai Saviano. Buona fortuna. Del resto, con 1,8 milioni di copie vendute non te la passerai poi tanto male.
Gomorra sarebbe anche un buon libro.
Ha un respiro ampio; l'autore passa abilmente da un ritratto o un dettaglio ad una visione organica a volo d'uccello di un microsistema economico. Gomorra è un libro scritto decisamente bene. Alcune parti sono da serie A della letteratura.
Ad esempio questa contiene un elenco pieno di allitterazioni (volute?) quasi di calviniana memoria:
"Le scorie derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, le pericolose polveri dell’abbattimento fumi, in particolare quelle prodotte dall’industria siderurgica, dalle centrali termoelettriche e dagli inceneritori le morchie di verniciatura, i liquidi reflui contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica che vanno ad inquinare altri terreni non contaminati. E ancora rifiuti prodotti da società o impianti pericolosi".
Fantastico. La metallurgia termica dell'alluminio. I liquidi reflui.
I Subsonica con il Devoto-Oli alla mano non saprebbero fare di meglio.
Ma qui finisce l'elogio.
Sospetto tristemente che Saviano sia il più geniale dei pubblicitari dell'ultimo decennio.
Vi spiego perché ho smesso di credere al Saviano-personaggio dalla seconda pagina.
1) Saviano c'era
Dovunque succeda qualcosa di significativo nel trascorrere del libro, Saviano c'è. Dall'ultima scena dove si atteggia a novello Papillon (o Guybrush Threepwood?) galleggiante su di un frigorifero, al Saviano-Rambo con le ginocchia immerse nel fango (e forse la faccia segnata dal grasso).
Al funerale del suo amico, lui c'è (e per forza, è un suo amico). Rigorosamente in vespa.
Quando il boss regala feticci, lui c'è.
Quando un suo compare parte per Aberdeen/Scozia, lui lo segue. Poi non si capisce se ritorni o meno in Italia, ma comunque in Scozia lui c'è.
E nella villa alla Scarface oramai disabitata e spoglia, lui c'è. Ma questa volta sta a bordo vasca; o forse a bordo vasca c'è il Saviano-camorrista, perché il massimo che riesce a fare è pisciarci dentro, trasformandosi in un attimo nell'icona di tutto ciò che durante il libro ha combattuto (?): lo stereotipo del guappo che imita Pulp Fiction e pratica l'economia-guerriglia.
2) Saviano ha fatto i nomi
Sì, ma i nomi che stanno su migliaia di verbali, pagine di giornale, archivi, elenchi, manifesti, volantini, registrazioni, denunce.
Che differenza c'è tra Saviano ed il giornalista che ha fatto il resoconto di mille processi? Nessuna direi. A parte gli intermezzi epici alla Al Pacino.
Il suo prossimo libro ci spiegherà che in Sicilia c'è la mafia. O che la mafia è un po' ovunque. O che la mafia ha fatto ammazzare Falcone e Borsellino. Oppure che Totò Riina era un boss. Sì, proprio Totò Riina. Mio dio, l'ho scritto due volte. Ho fatto i nomi. Avrò bisogno di una scorta adesso?
3) Saviano è il nuovo Rushdie
O forse no. Rushdie ha toccato qualcosa di sacro, qualcosa per cui ci sono miliardi di fanatici nervosetti pronti a scontrarsi con un grattacielo su un aereo pieno d'esplosivo. "I versetti satanici" mette in discussione la base della religione musulmana: il Corano. I versetti satanici del titolo sono stati "censurati" nel Corano che i musulmani conoscono oggi, perché parlavano di altri dei.
Saviano ha creato un brand che ha partorito film, partecipazioni televisive in prima serata, dischi rap. Gomorrap.
Ma soprattutto, Saviano ha scritto Gomorra nel 2006, conscio di un pregresso di sangue per chi, come Rushdie, ha davvero osato, che potete leggere qui.
E pochi mesi fa, scrive:
"Fanculo il successo. Voglio una vita, ecco. Voglio una casa. Voglio innamorarmi, bere una birra in pubblico, andare in libreria e scegliermi un libro leggendo la quarta di copertina. Voglio passeggiare, prendere il sole, camminare sotto la pioggia, incontrare senza paura e senza spaventarla mia madre. Voglio avere intorno i miei amici e poter ridere e non dover parlare di me, sempre di me come se fossi un malato terminale e loro fossero alle prese con una visita noiosa eppure inevitabile. Cazzo, ho soltanto ventotto anni!"
Va bene, Saviano vuole una vita pure lui. Del resto ha ricevuto dei bigliettini anonimi. Delle telefonate mute.
E il pentito ha detto che volevano ucciderlo (ma non si era pentito?).
Vai Saviano. Buona fortuna. Del resto, con 1,8 milioni di copie vendute non te la passerai poi tanto male.
martedì 14 aprile 2009
Post scritto con la parte bassa del cervello(14:14:00)
il mio ufficio è bianco, asettico.
le pareti sono bianche, la scrivania bianca. le porte sono trasparenti. le finestre danno su un prato verde, che pare incalpestato da secoli. un orologio sospeso scandisce il tempo con scatti schizoidi. se mi capita di lavorare fino a tardi, scende un silenzio irreale, e ciò che rimane del rumore è l'humming sordo dei pc ancora accesi.
durante il giorno, se mi concentro, penso dopo un minuto di aver trovato un pattern tra i vari click dei mouse, uno schema complicatissimo, come un tempo dispari che gli altri eseguono in sincronia perfetta. ma la sensazione svanisce al primo errore. chissà di chi.
è a quel punto che dei tacchi sul finto parquet (bianco) spezzano la sinfonia stravinskiana.
gli altri s'interrompono. la lancetta dell'orologio esita.
e appare lei. la mia segretaria.
è perfetta, in ogni dettaglio, come una BMW in esposizione al concessionario.
solca lo spazio con un'espressione che non è ne' allegra ne' triste, novella gioconda che fa due passi fuori dalla cornice.
forse soffre. il dolore indefinibile di chi ha raggiunto la perfezione e sa che la perfezione non può essere superata.
al limite eguagliata ogni giorno.
le sue vesti l'avvolgono. il panneggio della dama con l'ermellino al confronto è volgare.
se sono al telefono, mi prende alla sprovvista con un sapiente movimento delle mani, ed aggirandomi, confondendomi, mentre guardo dalla parte opposta posa davanti a me la busta paga, i buoni pasto, una pubblicità della Oracle, il CUD, la nota spese rifiutata o la mia lettera di licenziamento.
è il karate della corrispondenza (sono già al tappeto dopo tre secondi di cronometro).
a quel punto mi fissa e forse fa un sorriso o forse è solo la mia immaginazione o forse pronuncia due sillabe di una lingua aliena. poi si gira su sè stessa. la scena è al rallentatore, o magari sono semplicemente io che non ci sto capendo più un cazzo, la telecamera arretra, e lei scompare dietro l'angolo, in una nuvola d'aria che ritorna al suo posto, presa in contropiede anch'essa.
il ticchettio dei tasti ricomincia.
mi accorgo che la mia bocca è aperta e forse sembro un alce che fissa i fari di una macchina.
dico a me stesso: "resisti".
e, per un attimo, penso di aver visto Dio.
il mio ufficio è bianco, asettico.
le pareti sono bianche, la scrivania bianca. le porte sono trasparenti. le finestre danno su un prato verde, che pare incalpestato da secoli. un orologio sospeso scandisce il tempo con scatti schizoidi. se mi capita di lavorare fino a tardi, scende un silenzio irreale, e ciò che rimane del rumore è l'humming sordo dei pc ancora accesi.
durante il giorno, se mi concentro, penso dopo un minuto di aver trovato un pattern tra i vari click dei mouse, uno schema complicatissimo, come un tempo dispari che gli altri eseguono in sincronia perfetta. ma la sensazione svanisce al primo errore. chissà di chi.
è a quel punto che dei tacchi sul finto parquet (bianco) spezzano la sinfonia stravinskiana.
gli altri s'interrompono. la lancetta dell'orologio esita.
e appare lei. la mia segretaria.
è perfetta, in ogni dettaglio, come una BMW in esposizione al concessionario.
solca lo spazio con un'espressione che non è ne' allegra ne' triste, novella gioconda che fa due passi fuori dalla cornice.
forse soffre. il dolore indefinibile di chi ha raggiunto la perfezione e sa che la perfezione non può essere superata.
al limite eguagliata ogni giorno.
le sue vesti l'avvolgono. il panneggio della dama con l'ermellino al confronto è volgare.
se sono al telefono, mi prende alla sprovvista con un sapiente movimento delle mani, ed aggirandomi, confondendomi, mentre guardo dalla parte opposta posa davanti a me la busta paga, i buoni pasto, una pubblicità della Oracle, il CUD, la nota spese rifiutata o la mia lettera di licenziamento.
è il karate della corrispondenza (sono già al tappeto dopo tre secondi di cronometro).
a quel punto mi fissa e forse fa un sorriso o forse è solo la mia immaginazione o forse pronuncia due sillabe di una lingua aliena. poi si gira su sè stessa. la scena è al rallentatore, o magari sono semplicemente io che non ci sto capendo più un cazzo, la telecamera arretra, e lei scompare dietro l'angolo, in una nuvola d'aria che ritorna al suo posto, presa in contropiede anch'essa.
il ticchettio dei tasti ricomincia.
mi accorgo che la mia bocca è aperta e forse sembro un alce che fissa i fari di una macchina.
dico a me stesso: "resisti".
e, per un attimo, penso di aver visto Dio.
domenica 5 aprile 2009
Scale(15:21:00)
Nella palestra che frequento hanno messo un attrezzo che simula la salita di una scala. Quando guardo la gente che lo usa, penso sempre che stiano pagando dei soldi per salire le scale.
Nella palestra che frequento hanno messo un attrezzo che simula la salita di una scala. Quando guardo la gente che lo usa, penso sempre che stiano pagando dei soldi per salire le scale.
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