martedì 19 ottobre 2010

Spinto da volontà altrui, in quanto assolutamente non bisognoso di sostenere con 12 euro e cinquanta centesimi la causa di chi offre un rifugio non voluto a diverse specie del regno animale, sono andato in visita al 'bioparco'.
l'ultima volta che ci andai si chiamava ancora zoo. poi venne chiuso, e riaperto qualche tempo dopo. ma con un'importante differenza: la denominazione era cambiata in un termine ben più scientifico. le gabbie, gli animali dentro di esse e la tristezza erano rimasti uguali.
il bioparco è il posto dove normalmente si portano i bambini, a vedere i leoni, le tigri, i cammelli. ed i bambini si divertono, scappano spaventati davanti alle tigri, tirano i sassi ai dromedari e fanno domande sull'identità sessuale delle scimmie. forse il bioparco sarebbe invece il posto adatto per capire un po' meglio cos'è la libertà. ma spiegalo ad un bambino.
i biologi potranno venire a farmi centomila esempi su come l'ambiente naturale di questi animali venga fedelmente riprodotto, sull'alimentazione equilibrata con cui vengono nutriti e sul fatto che qui sono al riparo da predatori e ricconi in ville extralusso. si fottano i biologi.
Lo sguardo degli scimpanzè dietro i vetri, nella penombra, mi ha sconvolto.
La tigre, sempre più rincoglionita, percorre con insistenza migliaia di volte lo stesso circolo nei quattro metri quadri che ha a disposizione.
Gli ospiti del rettilario giacciono stanchi distesi per terra.
Ogni animale sembra avere nel volto l'espressione di chi si è arreso, ed attende solo che arrivi la fine, della giornata, del mese, del mondo.
E alla fine della visita, mentre alcuni solerti steward ci scortavano verso l'uscita, ho pensato che forse, a bioparco chiuso gli animali sarebbero stati finalmente liberi dal casino e dai flash dei turisti.
Almeno quello.
domenica 11 luglio 2010

Vuoi aspettare nove ore in sala parto, sudato, alla trentesima sigaretta entrare vedere tua moglie che grida di dolore su un letto bianco in mezzo a sei medici, tenerle la mano, svenire dopo due minuti, risvegliarti con qualcuno che ti porge un coso infagottato che urla, dire "che bello", cercare di calmarlo, passarlo a tua moglie esausta dopo trenta secondi, andare nel corridoio e fumare altre trenta sigarette, andare a casa, svegliarti ogni notte tre volte sempre a orari diversi, vendere la casa e cercarne un'altra ma il prezzo più basso sembra sia quello di una vincita al superenalotto, scattargli un milione di foto e nessuna è a fuoco, andare al supermercato per rilassarti, andare al lavoro alle due di notte perché a casa potresti esplodere, esaltarti perché senti che pronuncia due monosillabi di fila, imparare a parlare solo di quello, rinunciare ad andare al concerto perché devi preparare gli omogeneizzati, rinunciare alla partita perché devi cambiare i pannolini, rinunciare alle vacanze perché il sole gli fa male alla pelle, accompagnarlo a scuola il primo giorno e pensare "mio dio è passato tutto questo tempo?", vederlo tornare a casa con un occhio nero, fare altre mille foto il giorno del suo compleanno, e tutte ancora sfocate, andare a parlare con la maestra, sapere che è stato sospeso perché si stava fumando uno spinello nel bagno della scuola, spendere ventimila euro per una macchina che tre giorni dopo sfascerà contro un palo, accompagnarlo all'università e scoprire che dopo tre anni ha dato solo un esame (quello d'Inglese), non sentirlo per due anni e poi sapere da un telegramma che si sposa a las vegas con una ex spogliarellista, andare al matrimonio spendendo il tuo stipendio in un volo diretto, e infine vedere che lei aspetta un figlio.
è questo che vuoi?
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