venerdì 5 giugno 2009

giornata tipo(15:51:00)



(questo lo pubblichiamo sul blog?)

Da tre giorni mi svegliavo con un mal di gola che mi torceva la periferia dell'anima. E sempre cinque minuti prima della radio. Quand'era iniziato tutto?

Me ne stavo lì, nel letto, sudato, nell'anticamera dei pensieri razionali, chiedendomi se era sabato, e quindi non dovevo andare al lavoro, oppure no, e potevo perciò cominciare a far vagare il cervello sul primo incontro del calendario di outlook.

Era sabato.

La notte precedente avevo sognato di viaggiare su un pullman che andava sempre più forte su una strada costiera piena di curve.
Il pullman era uscito di strada e io continuavo a pensare che l'autista andasse troppo forte.
Qualcosa doveva significare.

Non avevo programmi per la mattinata.

Ho preso le chiavi della macchina e sono andato al supermercato.
Mentre passavo vicino ad un campo di grano con dei tralicci dell'alta tensione qualcosa mi diceva che ci stessero controllando. Tutti. Tramite i tralicci dell'alta tensione. Ci obbligano a crescere, terminare la scuola, andare a lavorare, conoscere qualcuno in una chat, sposarsi, fare dei figli, invecchiare e morire.

Ma chi avrebbe potuto dimostrarlo, del resto quei tralicci sembrano tralicci e basta.

E poi ho preso parte al rimestio collettivo del supermercato.
E' come una danza muta.
Se conosci i passi è facile, altrimenti no.
Qualcuno ci controlla, nei supermercati. E' impossibile che non ci sia nessuno che controlli. Io non li vedo mai. Ma ci sono. Forse ci sono delle telecamere sul soffitto. No, è troppo alto. Devono essere da qualche parte, forse nel cestone delle magliette. Forse sono semplicemente annegate nel bancone dei surgelati.
Forse i laser che leggono i prezzi prendono anche le nostre impronte. E' per questo che ho messo i guanti. Non avranno le mie impronte. O forse le hanno già, dio mio non ricordo.

A quel punto mi è venuto in mente che avevo conosciuto una ragazza in chat la sera prima.
Ripensandoci non ho più capito se mi piacesse veramente o mi facesse ribrezzo, ma continuavo a parlarle perché era tardi e stavo scivolando lentamente nell'anticamera dei pensieri irrazionali. Le ho parlato di cose che non ho mai detto nemmeno a mia madre. Mi ha detto che se ci sposassimo vorrebbe fare dei figli con me.
Poi le ho chiesto di mandarmi una foto; l'ho aperta e c'era lei vicino ad un traliccio e del grano.

Uscendo dal supermercato ho ripensato ad una notte d'estate. Avevo quindici anni, mia cugina uscì dal buio e mi si avvicinò, curvò la testa vicino alla mia guancia e baciò un angolo della mia bocca. Probabilmente ha sussurrato anche qualcosa. Ma ora non so più se fosse vero o se fossero solo ricordi impiantati come quelli dei replicanti di un film.
Vorrei ritrovarla, chiederglielo.

Ma è sposata e aspetta un figlio.

Passo di nuovo con la macchina vicino al campo di grano, e abbasso il finestrino per guardare meglio qualcosa in lontananza. Però scatta il semaforo, ed uno dietro di me suona, allora riparto e la campagna scorre via.


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